MAESTRA VELOCITA’
Entrare nella stessa curva a 30 o 50 o 70 chilometri orari non è la stessa cosa. La velocità più del perfezionismo» è il migliore strumento per capire meglio la tecnica e adattare il nostro gesto innalzandone il livello di efficacia.
Agli allievi raccomandiamo sempre di non cercare a tutti i costi delle regole esecutive «fisse ed assolute». Di non pensare che questo o quel movimento debba necessariamente ed in ogni caso essere fatto in questo o quel preciso punto della curva o in quel preciso istante.
Spesso ci si sente domandare: «ma quando esattamente devo cominciare ad invertire?» oppure «ma quando esattamente devo mettere gli sci di spigolo?», «ma quando esattamente devo cominciare a caricare?» oppure, «ma quanto esattamente devo-posso distendere?» «ma dove esattamente devo appoggiare il bastoncino?» ecc. ecc. Quella parolina «esattamente » è di troppo. Basterà provare ad entrare in una stessa identica sequenza di curve a velocità diverse per capire che il quando, il dove ed il quanto sono delle variabili molto, molto dipendenti dalla velocità. Se poi si esegue la stessa sequenza di curve (stessa ampiezza e grado di chiusura) su nevi diverse o/e su pendenze diverse, ci si rende conto ancora di più che non esistono un quanto, dove e quando assoluti.
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Foto 1: La grafica evidenzia la necessità di un ampio movimento laterale già solo per portarsi perpendicolari al pendio sul piano frontale (passaggio da spigolo a piatto per continuare sul nuovo spigolo).
Foto 2: La perpendicolarità sul piano frontale (nel movimento laterale fi annullamento dell’inclinazione precedente e di passaggio a piatto) favorisce quella sul piano sagittale (vista di profilo), premessa necessaria per evitare arretramento in ingresso curva.
Foto 3: Proiezione laterale che supera ampiamente la perpendicolare al terreno (piano frontale-tratteggio rosso) proiezione compatta in avanti per continuare in centralità verso l’attacco curva (piano sagittale – profilo – nero). coraggio, determinazione, zero indecisioni.
Foto 4: Rapida attivazione della presa di spigolo e del contrasto alle forze, giusta inclinazione e centralità, la curva viene risolta in pochissimo tempo-spazio grazie alla giusta dinamica preparatoria che consente di esprimere la massima potenza con il miglior equilibrio.
Aggiungiamo ancora la possibilità di terreni diversi (lisci, ondulati, accidentati, gobbosi, ecc.) e ci rendiamo conto di come lo sci sia fatto di pochi fondamentali da imparare bene e di molti adattamenti, tanto più facili da attuare quanto più i fondamentali sono stati ben assimilati. La velocità ovviamente ci mette in crisi nell’esecuzione, ma è una crisi positiva, di crescita, a patto che non sia un azzardo. Per provare movimenti tecnici complessi ad andature elevate bisogna prima togliersi la paura. L’abitudine alla velocità è un aspetto molto importante nella crescita di uno sciatore e va mediata con l’apprendimento puramente tecnico che, se non stimolato dalla velocità finisce per diventare ostinato e sterile tecnicismo, perfezionismo a velocità da lumaca. Un controsenso. Una falsa abilità, buona solo per far salotto.
I bambini hanno l’istinto della velocità e molto spesso questo istinto viene frustrato da un eccesso di attenzioni e pretese tecniche; di fatto, gli si insegna forse troppo ad aver paura e a dare soluzioni per sciare «troppo bene». Gli adulti di solito hanno paura della velocità perchè non ne hanno esperienza, hanno perso smalto atletico e perchè non si sentono tecnicamente sicuri. Alcuni al contrario sono temerari e pericolosi e sarebbero da rinchiudere… Occupiamoci di quelli che hanno paura e che vogliono migliorare la tecnica. Hanno un gran «bisogno di velocità» ed una parte del loro apprendimento dovrebbe essere dedicata proprio al prendere confidenza; non al punto da correre eccessivi rischi, semplicemente facendo con una certa frequenza qualche tratto a uovo imparando bene la posizione, qualche tratto dritto e qualche tratto a grandi curve sempre a uovo, sperimentando la contemporaneità nell’inclinazione dei piedi, il parallelismo tra le tibie, la compattezza del busto, il controllo delle rotazioni di spalle e bacino (molto frequenti in chi si cimenta per le prime volte in velocità ed in posizione aerodinamica).
Per chi non ne ha esperienza, la velocità deve diventare un piacevole esercizio che produce un po’ di eccitazione e maggior senso di sicurezza. Una certa confidenza con la velocità diventa così utilissima quando si torna a fare esercizio tecnico. Aver sperimentato in sicurezza e ripetutamente velocità anche solo di 70-80-90 chilometri orari su tratti in lieve pendenza mette in condizione di provare in tutta tranquillità ad innalzare l’andatura in sequenze di curve passando senza problemi magari dai 35-40 ai 45-50 km/h e più. L’abitudine alla velocità innalza il livello di attenzione (ci dà una sveglia, in pratica…), la capacità di prevenzione degli squilibri, la velocità di reazione; ovviamente anche la concentrazione sulla gestione degli aspetti tecnici ne guadagna, così come la capacità di percepire gli effetti della velocità a livello di carichi, di tempismi esecutivi, di necessità di tensioni muscolari più intense e meglio modulate.
Immaginiamo di non aver fatto esperienza di velocità e di esserci arrovellati sugli aspetti tecnici entrando nei fini dettagli di questo o quel movimento che già avevamo studiato e provato a lungo. Probabilmente (anzi, certamente) ci saremo sovraccaricati di nozioni, di particolari esecutivi, di teorie, sicuramente anche di fini sensazioni utili ma, molto probabilmente all’innalzamento della soglia di velocità tutti gli eccessi di teoria si scioglieranno come neve al sole, per mancaza di confidenza, per una certa paura, per le sollecitazioni più forti, per i tempismi esecutivi che non possono essere gli stessi. Servirà teorizzare ulteriormente? Sicuramente no.
Provare a fare le stesse identiche curve a velocità via via più elevate? Sicuramente sì. Cosa potremo sentire e cosa ne potremo dedurre?
Primo: che la concentrazione deve essere molto più elevata, che tutto va percepito, programmato ed eseguito più rapidamente; che per fare questo bisogna guardare avanti come quando si va veloci in auto, per sviluppare le capacità di anticipo motorio.
Secondo: che ci vuole una determinazione decisamente superiore, più coraggio nella proiezione e nella ricerca di perpendicolarità al pendio in ingresso curva.
Terzo: che rispetto alle curve più lente bisogna concretizzare la presa di spigolo molto prima, con i muscoli già «su di giri» per sviluppare
un crescendo di tensione muscolare più rapido ed a livelli di intensità superiori.
Quarto: che al passaggio tra il primo ed il secondo terzo di curva è fondamentale evitare cedimenti a livello di bacino-busto-ginocchia, dando invece solidità alle caviglie-piedi nel continuo incremento dell’inclinazione ed indirizzando caviglie e ginocchia verso la zona che sarà di uscita da quella curva.
Quinto: che dare carico dinamico non significa «schiacciare» sulla linguetta dello scarpone esterno alla curva, bensì tenere la gamba esterna bella solida e lunga mentre il piede gestisce l’evoluzione della presa di spigolo.
Sesto: che il piede interno che cerca l’inclinazione, l’appoggio ed il taglio (anche quasi completamente scarico) determina direzione, velocità e solidità di tutto il corpo.
Settimo: che se lo sci lavora bene, corre più veloce e si tende a rimanere arretrati, quindi bisogna ricalibrare la centralità anticipando l’intenzione di entrare nella curva successiva con perpendicolarità al terreno.
Ottavo: che togliere inclinazione mantenendo l’appoggio sullo sci esterno e percependolo appoggiato fino alla fase di completo appiattimento ci può garantire una buona gestione del fine curva ed un cambio in centralità-perpendicolarità, con la massa del tronco che passa con fluidità da una curva all’altra.
Nono: che una buona coordinazione della preparazione del bastoncino (anche se a velocità elevate non viene utilizzato) è utile-essenziale per amalgamare l’azione globale.
Decimo: che mantenendo la calma, rilassando il collo, le spalle ed i muscoli del viso si ottiene un lavoro decisamente più fine ed efficace dei piedi ed arti inferiori ed una solida scioltezza nell’azione globale. Queste erano dieci sensazioni/suggerimenti sperimentabili a velocità un po’ superiori alla nostra media, per elevare la nostra soglia di efficacia tecnica.
Potrebbero essere diverse decine le sensazioni utili ed è importante che ognuno impari a «sentirsi”», a descriverle ed a comunicarle al proprio maestro. A voi di provare uno alla volta questi dieci input. Ripetutamente. Aspettiamo feed-back.